
Lampedusa, 29 settembre 2007

anzi, O' Scià. E' così che preferisco chiamarti, usando questo nostro antico modo di dire. Ti voglio solo sussurrare alcune parole, per dirti cose che riguardano te e noi Lampedusani. Per questa piccola isola, che abbiamo nei nostri cuori, che ci fa disperare e soffrire, ma che ci accorgiamo di volere sempre al centro del nostro piccolo universo. Prima del tuo arrivo, avevamo solo sole, mare e fantasia: il nostro mare, il nostro sole e la nostra fantasia non bastavano e da quando sei arrivato tu, molto è cambiato. Sei entrato in punta di piedi e piano piano, ci hai regalato un sogno. Ricordiamo tutti il primo O' Scià, eravamo solo tu e noi, c'era solo il nostro respiro che soffiava e sperava di propagarsi. Questa nostra isola ha sempre tanto amore da dare e tu sei il nostro fiato, che ci ha riportato lassù in quel "blu dipinto di blu".
La tua musica, le tue melodie, la tua forza, hanno permesso a questo piccolo scoglio in mezzo al Mediterraneo, di tornare nel firmamento dell'amore e tutti hanno risposto alla tua invocazione. Voci celebrate, hanno voluto unirsi alla tua, per invocare il dio mare che ci abbraccia, perché chi viene sbattuto sulle nostre coste risorga a vita nuova. Tu, interprete della nostra intimità, poeta che in un bagliore d'estate e con un lampo di genio, hai traghettato il nostro fiato oltre la fantasia, aiutandoci a volare oltre il nostro mare, oltre il nostro cielo, oltre il nostro respiro: Grazie O' Scià e che questo sogno non finisca mai.
